FRAMMENTI DI UN DISCORSO DEI LUOGHI
COMUNI
INTERMEZZO (dell’interpretazione e
della comprensione): tra N e O
La parola, singola o
discorso, è immediatamente comunicazione. Tra due o più.
Perché spesso non ci
capiamo? Perché siamo diversi, certo; ma in cosa siamo diversi e perché questa
diversità ci impedisce di comprendere?
Oggi ho visto un
cartello pubblicitario in cui era scritto che “cucina è poesia”: cucina (la
stanza o il cibo?) e poesia. Ma cosa si intende per poesia? Forse tutti hanno
un’idea comune e questa parola va di moda: esibizioni a Xfactor o Italia’sGotTalent
sono qualificate spesso di poetiche. In realtà forse essa vorrebbe significare
“bellezza”, anche se esiste una bella e una brutta poesia. Questo significato
(di poesia come bellezza) non è valido per me. Perché per me poesia è
creazione. Allora forse non essendo molti quelli che la pensano come me, qui la
comunicazione pubblicitaria non crea equivoci. Il passaggio successivo è alla
cassa. Stop.
Un po’ diversa è la
comunicazione più diretta sia orale sia scritta.
In questo caso
esistono due tipologie, una positiva e una negativa (nel senso che nega e
interrompe la comunicazione).
La prima, quella positiva, non è difficile da
comprendere.
Posso chiederti qualcosa,
una risposta secca, un’opinione, una decisione. E tu mi rispondi. La tua
risposta naturalmente innesca un meccanismo positivo tale che si può collocare
su due livelli:
(a)
il più semplice: il tutto termina con la tua risposta; va bene così, sappiamo
dove ci troviamo, abbiamo messo le nostre bandierine; possiamo anche non essere
d’accordo, ma ci siamo esposti.
(b) il più complesso: io prendo la
tua risposta come un nuovo intervento, un rilancio della comunicazione. Mi
sento impegnato a rilanciare e aggiungo qualcosa, così che il processo può continuare
(in teoria all’infinito); se poi decidiamo di fermarci abbiamo comunque de-clarato
e de-finito le nostre posizioni. Il discorso originario, l’oggetto della
primitiva comunicazione, è stato sviluppato, nel senso che ha aperto pagine
prima non visibili e ora leggibili.
La comunicazione ha
arricchito entrambi.
La seconda, quella negativa, risulta più interessante e
più complessa. Il procedimento è lo stesso, ma qui entrano in gioco due
elementi:
(a)
Il silenzio. La comunicazione si interrompe, tu non vuoi mettere tra me e te parte di
te; tu non vuoi darmi la tua posizione. Tu non vuoi esporti (ex-porti, porti
fuori). Stop.
Il silenzio può anche essere frutto di ignoranza, ma in questo caso
dovrebbe essere dichiarato, cessando di essere silenzio.
(b)
Tu prendi la parola e
decidi apparentemente di stare al gioco. Solo che invece di entrare pienamente
nel merito della domanda, parti da un aspetto del mio parlare, in genere
secondario, e, tralasciando il resto, ti inoltri per questo sentiero, rendendo
difficile la comunicazione, lo sviluppo, l’arricchimento. Questo atteggiamento,
il più frequente, nasce dalla paura e da una idea della comunicazione come
conflitto e dunque l’intervento deviante serve a difendersi.
E’ chiaro che in un dialogo è lecito sviluppare anche parti secondarie del
discorso iniziale, ma perché la cosa non sia conflittuale occorre che si metta
un punto fermo sull’aspetto principale, dichiarando la vicinanza, la lontananza
o il rinvio, e avviare lo stesso procedimento come qualcosa di nuovo. Ci sarà
sviluppo in questo caso e arricchimento.
La vita di tutti i
giorni ci mette di fronte a queste possibilità. E nessuno ne è esente. Queste
possibilità non identificano persone, ma attraversano tutti in diverse
percentuali.
Tocca a noi però capire
che ex-porci può aiutarci a costruire la nostra persona molto più di quanto
possa mettere in condizione l’altro di farci del male.
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