FRAMMENTI DI UN DISCORSO DEI LUOGHI COMUNI                 

LETTERA [ C ] -   CORRETTO POLITICAMENTE ( politically correct )





 !!! No allo studio di Dante nelle scuole. È islamofobo. E ha messo Maometto all’Inferno(2015) !!!


L'espressione politicamente corretto designa l'opinione che deve  apparire  libera, nella forma e nella sostanza, da ogni tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale, o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona.
Da pensiero e opinione, nell’ultimo decennio, questa espressione è diventata forma di potere e di oppressione nei confronti del libero pensiero, al servizio di lobbies che usano il moralismo per imporsi.
Il concetto di politicamente corretto è una forma di conformismo e una limitazione della libertà di espressione che cerca di distruggere le basi di una liberaldemocrazia, facendo ricorso al pensiero unico e all’imposizione di codici linguistici, usando il moralismo per condannare ed ergersi a fautrice del Bene.
Innanzitutto si basa su una concezione culturale superata che però è comprensibile dalla massa: lotta contro i pregiudizi. Si fa finta di non rendersi conto che i pregiudizi non sono nè buoni nè cattivi ma sono solo i giudizi che vengono prima, quelli da cui partiamo e con cui dobbiamo fare i conti. L’URSS riteneva la religione un pregiudizio e così l’ha abolita invece di fare i conti con uno dei popoli più religiosi della terra: così dopo 70 anni di comunismo le chiese si sono moltiplicate e riempite. I pregiudizi di cui si occupa il politicamente corretto sono dello stesso tipo. Sono visti come qualcosa di negativo da un punto di vista morale e condannati.
La cosa riconduce alle pretese naziste e comuniste di interpretare il destino delle specie e delle società: bisogna criminalizzare il nemico (lo scorretto) perchè è contro la natura o l’evoluzione storica.
I fautori del BENE ASSOLUTO, come Robespierre, Lenin, Stalin, Hitler, hanno creato solo il terrore. Per ora non rischiamo queste derive, ma fenomeni di intolleranza e di ostracismo, se non vere e proprie condanne giudiziarie, si stanno diffondendo e si verificano in Paesi di assoluta tradizione democratica come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e in istituzioni di grande (apparente) prestigio come l’ONU.
Il concetto di fondo è che ci viene imposta una visione del mondo che non lascia spazio al dissenso, equiparando il pensiero e l’opinione al comportamento. Credo che invece si debba garantire a tutti il diritto di esprimersi secondo quelle che sono le proprie caratteristiche, storiche culturali familiari. Ancora una volta questa impostazione ha le sue radici in pensatori come Rousseau che sono alla base di esperienze del terrore (vedi Giacobinismo e Comunismo). Il suo pensiero antepone la Morale alla Politica, laddove la prima fa ricorso a un dover essere che non corrisponde alla storia e alla costituzione dell’essere umano, mentre la politica si occupa di ciò che è cercando di trasformarlo.

Una politica democratica privilegia il confronto tra i soggetti della società per il miglioramento della stessa, mentre una politica moralistica si basa su principi morali (il bene contro il male) che sono affermati dal gruppo dirigente che poi stabilisce ciò che è giusto e ciò che non lo è. I primi fanno le scelte contando le teste e possono anche commettere errori, i secondi invece le teste preferiscono tagliarle perchè il Male non ha diritto di parola.
Oggi va di moda colpire gli islamofobi, coloro che non gradiscono la cultura islamica e che ne mettono in evidenza i limiti e i rischi, proprio mentre in nome dell’Islam  si commettono stragi a non finire ( e qui non si parla solo dell’Isis, come Nigeria Pakistan Egitto hanno dimostrato ). Oppure come in Arabia Saudita e in molti altri Paesi islamici dove non viene permesso il culto ai cristiani, Insomma le persone di cui si evidenziano le infinite sfaccettature non hanno il diritto culturale di criticare l’Islam oppure -se persone semplici- di averne paura. E’ stato anche proposto di [questa espressione, l’islamofobia, serve di fatto a favorire la diffusione dell’islamismo e a criminalizzare l’unico stato democratico del Medio Oriente, cioè Israele, quotidianamente colpito dai razzi di Hamas ed Hesbollah e che l’Iran ha dichiarato voler cancellare dalla faccia della terra]
Lo stesso vale per quanto riguarda l’omofobia che colpisce indiscriminatamente sia chi non osa avvicinarsi a un/una omosessuale sia chi critica, in base a una propria visione del mondo religiosa o naturalistica, questo modo di essere. (Per evitare fraintendimenti due miei cari amici sono morti di AIDS perchè omosessuali.) Qui si parla solo del diritto ad esprimere ciò che sentiamo appartenerci.[questa espressione, l’omofobia, serve di fatto ad affermare la lobby omosessuale che cerca di occupare spazi. Questo attiene alla battaglia politica e se si vuole legalizzare il matrimonio omosessuale si dovrebbe cercare di convincere i parlamentari: ciò che invece la parola introduce è la criminalizzazione di chi non la pensa come loro]
Altro esempio riguarda il cosiddetto razzismo che è divenuto una scusa per evitare di impegnarsi e crescere.
Dal piccolo al grande.
Gli studenti non italiani accusano regolarmente i loro professori di essere razzisti, non perchè lo siano veramente (credo che non ci sia insegnante meno razzista di quello italiano) ma per farlo sentire in colpa e occupare spazi ottenendo le sufficienze non per il merito ma per questo ricatto morale. Razzismo è un’offesa e chi la pronuncia dovrebbe subire una sanzione.                                      
Da un’altra parte ci sono gli afroamericani. Basta che la polizia uccida un “nero” negli USA che si grida al razzismo, eppure numerosi intellettuali “neri” hanno dichiarato che l’impegno e non il lamento  sono la chiave del miglioramento di condizioni che sono frutto della storia. In generale poi guai a usare l’espressione “negro” perchè si rischia grosso: eppure uno dei movimenti culturali più significativi e importanti dell’Africa Indipendente è stato quello della NEGRITUDE, fondata e diffusa da persone importanti come Césaire, Senghor, Diop e altri.

Vediamo di capire cosa porta in questa direzione, quella del politicamente corretto.

1- Il concetto di pregiudizio come qualcosa di negativo e non invece come il punto di partenza di ciò che ci appartiene e ci caratterizza;

2- Il predominio della morale sulla politica, che inverte l’ordine delle cose. Perso il carattere sacro dei sovrani, la politica diventa lo strumento per lo sviluppo delle comunità e sempre più si afferma una politica liberaldemocratica che non pretende di fare tutto bene ma che sviluppa la partecipazione di tutti;

3- Anacronismo e rifiuto del contesto. Se la morale del Bene è il punto di partenza allora non contano le contraddizioni, le difficoltà, l’evoluzione, il progresso. Così, dal momento che gli Stati oggi rifiutano l’Imperialismo, si condannano i Romani per aver creato un Impero, dimenticandosi dei Persiani, dei Cinesi, degli Arabi e di tutti gli altri popoli. Lo stesso per la schiavitù, dimenticandosi che la tratta in America si basava su uomini resi schiavi da popolazioni locali africane e musulmane: l’abolizione della schiavitù avvenuta in occidente entro il XIX secolo non ha visto lo stesso in altri paesi: tant’è che in Sudan (al mercato di Omdurman) si potevano comprare schiavi all’inizio di questo millennio, mentre in questi anni il Califfato Islamico ha reso schiavi i cristiani delle terre conquistate;

4- Ma forse il carattere più assurdo di questa visione moralistica e antistorica si ha rispetto alle azioni intraprese  negli ultimi anni rispetto al cosiddetto colonialismo occidentale. Si condanna per principio morale l’occupazione di altri territori: lo si fa nei confronti solo dell’Occidente, dimenticando che certe azioni politico-militari sono sempre state caratteristiche della storia di tutti i popoli. E spesso continuano ad esserlo. 
Vediamo alcuni esempi:

A- Si condanna l’Italia per l’occupazione dell’Etiopia, quando proprio il Negus aveva appena creato un grande Impero sottomettendo numerosi popoli di etnie diverse dalla sua;
B- Si condannano i Conquistadores Spagnoli dimenticando le guerre tra i popoli indigeni (Olmechi, Toltechi, Aztechi, Maya, Inca, Chanca ecc.), alcune delle quali hanno portato alla scomparsa di alcuni di questi popoli;
C- Si condannano i bianchi degli Stati Meridionali dell’Africa, facendo credere che quei territori appartenessero a popolazioni africane, dimenticando che i Bantu (es. gli Xhosa di Mandela) arrivarono in quelle terre da Nord in epoche recenti, tanto che negli scontri avvenuti nell’ultimo secolo la maggior parte delle vittime era il frutto degli scontri tra Bantu e Zulu. L’assurdo giunge in UK dove si vorrebbero rimuovere statue, borse di studio e altro intitolato a Sir Rhodes perchè colonizzatore che poi darà il nome alla Rhodesia (attuali Zimbabwe e Zambia);
D- Si continua a condannare Israele (anche all’ONU) e a impedire le conferenze di intellettuali israeliani dimenticando che nel 1948 furono i Paesi Arabi ad attaccare lo Stato ebraico, che Israele è uno stato democratico dove c’è diritto di parola e di voto per tutti, che quotidianamente Israele riceve missili da Gaza e dal Libano lanciati da scuole e ospedali per evitare rappresaglie, che gli stati arabi vogliono la distruzione di Israele, che nei loro libri di geografia e negli atlanti non figura Israele, che i paesi arabi sono in genere regimi dittatoriali dove le comunità cristiane ed ebraiche sono costrette all’esodo;
E- Si continua a parlare di risarcimento dei popoli sfruttati dal colonialismo, inventandosi che sarebbe stata la presenza europea a distruggere l’economia locale. Se estendiamo il concetto allora se ne scopre la completa assurdità. In tutti i libri di storia è scritto che la penisola italiana a partire dal XVI secolo ha subito lo sfruttamento della Spagna e da lì è nata la sua decadenza che faticosamente ha iniziato a superare solo tre secoli dopo: ebbene se il principo del risarcimento indietro nel tempo fosse applicato anche in questo caso dovremmo chiedere i danni alla Spagna.                                 E cosa diciamo dei Celti che hanno invaso la Britannia? dei Germani (Angli e Sassoni) che hanno sottomesso i Celti? degli Arabi che hanno soggiogato i Berberi del Nord Africa?
Ogni paese ha una storia di soprusi subiti ed è per questo che non si può tornare indietro: l’Argentina ha subito dalla Spagna ma ha quasi annientato gli indios; gli stati sudamericani finalmente liberi iniziarono ripetute guerre tra di loro; in Africa abbiamo visto cosa è successo tra i liberi Hutu e i liberi Tutsi in Rwanda o tra le diverse etnie in Congo o i disastri economici della Tanzania libera e attualmente dello Zimbabwe (ex-Rhodesia del Sud); in Asia la nascita del Pakistan musulmano separato dall’India induista ha prodotto centinaia di migliaia di morti e milioni di esodi e una tensione che tuttora continua, ma l’India ha tratto beneficio dal dominio inglese sia per il sistema di trasporti sia per la lingua e il diritto; ogni stato dal più grosso al più piccolo, realizzata l’indipendenza, ha riportato alla luce i conflitti tra le diverse etnie e religioni che erano stati ridotti sotto il colonialismo: in M.O. tra sciiti e sunniti (la guerra Iran-Irak ha prodotto milioni di morti), in Tibet la Cina ha fatto piazza pulita, nel piccolo Bhutan permangono i conflitti tra le tre etnie, in Birmania assistiamo alla rivincita buddista contro i musulmani, in Cina le minoranze etniche sono sottomesse. E così via.
F- Passando a cose più ordinarie la pretesa di imporre valori morali sul tipo di organizzazione a cui abbiamo dato vita è fatale e controproducente. Egalité, uguaglianza: su questo principo la scuola francese ha abolito i compiti a casa, mentre la scuola italiana privilegia l’inclusione sul merito. Risultato: chi ha la possibilità, culturale ed economica, farà i compiti a casa ottenendo risultati migliori e poi farà i master da 75.000 euro che offriranno loro maggiori opportunità di migliori posizioni. Ecco come trasformare l’acqua in vino: l’uguaglianza crea differenze e gerarchie.

G- Siamo così arrivati al princìpio dei princìpi con cui è facile sciacquarsi la bocca senza un minimo approfondimento. E’ comune riconoscersi nella seguente frase: la diversità è un valore.   
Due piccole osservazioni.
Prima: se l’affermazione fosse  veramente sentita e non utilizzata in modo strumentale allora la coerenza obbligherebbe a dire che il nazista, il terrorista, il serial killer vanno rispettati perchè esprimono valori che la nostra cultura non dovrebbe distruggere.
Seconda: non esistono valori universali, certo, ma il percorso millennario che l’essere umano ha intrapreso ha mostrato che esistono confini, limiti, cornici dentro i quali una comunità può vivere e svilupparsi. La diversità è un valore se prima di tutto rispetta questi limiti e vi si muove dentro, riconoscendosi in essi; così dà il suo contributo per un arricchimento e una crescita della comunità.
Il capo della CIA e il sindaco di Londra sono musulmani. In Arabia Saudita i cristiani non possono praticare la loro fede neanche in privato. I Paesi Occidentali accolgono i musulmani, i paesi musulmani, direttamente o indirettamente, perseguitano i cristiani.
E’ tutto qui il senso della differenza. Luoghi comuni vuol dire restare in superficie. Non è più sufficiente: occorre andare in profondità e dipanare la nostra matassa.

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