FRAMMENTI DI UN DISCORSO DEI LUOGHI COMUNI                 

LETTERA [O] -    OCCIDENTE – OCCIDENTALE –CULTURA OCCIDENTALE 
Che i luoghi comuni non siano così inoffensivi e ingenui come spesso si dice è facilmente riscontrabile parlando delle parole oggetto di questo frammento.
Ci fu un tempo in cui l’Occidente era visto, ed era, portatore di civiltà, poi all’inizio del ‘900 si cominciò a parlare di decadenza e crisi del mondo occidentale: queste posizioni erano in genere sostenute da pensatori cosiddetti di destra. Poi venne il Comunismo e inondò di sogni ed illusioni centinaia di milioni di persone con il suo Sol dell’Avvenir e il Paradiso in terra. E così l’Occidente fu oggetto di nuove critiche feroci dall’altra parte dello schieramento politico: la democrazia e la libertà non erano prerogativa dell’Occidente, anzi la vera democrazia e la vera libertà erano solo quelle dei Paesi Comunisti. E gli Americani erano quanto di peggio si potesse immaginare: era curioso come l’esaltazione dei regimi comunisti avvenisse da parte di intellettuali (e popoli) di quell’Occidente odiato ma che permetteva loro di esprimersi.
Tant’è. Il Tempo (o la Storia) aveva condannato già il nazismo e dal 1989 condannò anche il Comunismo. Da allora gli orfani del Paradiso in terra, i sognatori, gli ideologi del Nulla cominciarono a rivolgersi non più solo contro gli USA, ma sempre più contro tutto l’Occidente e infine contro la Cultura Occidentale, intesa come l’elemento unificante di questa terribile, odiosa, macabra, infelice vita. Gli Americani e i Paesi Occidentali potevano essere cambiati, riformati, invitati con le buone o con le cattive a facilitare la vita dei loro abitanti. Ciò che invece doveva essere distrutto e dunque mostrava il suo volto definitivo era la Cultura Occidentale.
Kaputt.
Si è poco evidenziato questo aspetto. Coloro che gridavano “Lo Stato borghese si abbatte e non si cambia”, oggi con i loro figli e nipoti gridano “La cultura occidentale si abbatte e non si cambia”: non hanno bisogno di gridarlo perchè introducono ostacoli in continuazione, cercando nuovi adepti.
Che gli islamisti ce l’abbiano con la cultura occidentale è comprensibile: per loro le donne devono tacere, lo studio deve riguardare solo il Corano, gli infedeli devono essere sottomessi, li aspettano le vergini in Paradiso. Sono nemici puri e semplici e lo sono non tanto perchè uccidono di qua e di là persone inermi, ma perchè sono espressione di un’altra cultura, di un’altra concezione della vita, o della morte, come diceva Bin Laden (Loro amano la vita, noi amiamo la morte).
Ciò che invece deve preoccupare è l’uso della cultura occidentale per combattere la cultura occidentale, della libertà e della democrazia occidentali per colpire la cultura occidentale, favorendo quella che lo scrittore francese Houellebecq ha chiamato “Sottomissione”. In questo esercito si trovano tutti coloro che religiosamente non riescono a fare a meno dell’ideologia come strumento di vita: veterocomunisti, ecologisti radicali, postfemministe, libertari analfabeti, terzomondisti di un terzo mondo che non esiste più, cattolici in amnesia, islamici moderati (travestiti) e tanti altri. In un’epoca complessa molti prendono un pezzetto di storia e vi sproloquiano sopra.
Vediamo alcuni passaggi-esempi.
1)Colonialismo-Imperialismo-Razzismo. Ho già affrontato questo argomento in precedenti frammenti. Qui voglio mettere in rilievo un altro aspetto. Fermo rimane che la storia dei popoli da sempre ha visto il realizzarsi di forme coloniali e imperialiste, ben prima dei Paesi europei: Persiani, Cinesi, Indiani, Mongoli, Arabi, Turchi ecc. Oggi però il dito è puntato solo in una direzione: la categoria “L’Occidente è stato colonialista e imperialista” è vera, ma chi la usa contro l’Occidente non si accorge (o finge) che questa categoria è frutto della cultura occidentale, che non solo l’ha messa in pratica, ma l’ha espressa e soprattutto in quel modo che solo la cultura sa fare: distruggendone le fondamenta.
Lo stesso discorso vale per l’Occidente razzista. Certo ci sono persone, forse molte forse poche, che non amano gruppi etnici diversi e l’Italia non è da meno, tanto che siamo stati capaci di creare fobie tra senesi e aretini, fiorentini e pratesi, polentoni (il Nord) e terroni (il Sud). Ci saranno sempre persone (forse molte forse poche) che non ameranno, proveranno disinteresse e anche disgusto per gruppi etnici diversi: può non piacere, ma la diversità è anche questo.
Tutto ciò non ha niente a che vedere con il razzismo che si traduce in iniziative concrete e violenze vere e proprie. Questo non appartiene alla cultura occidentale: le istituzioni occidentali garantiscono nei fatti i diritti di tutti.
La stessa cosa non si può dire di altri Stati di altra cultura dove il rispetto per le minoranze e i diversi non è garantito da chi detiene il potere. Provate ad aprire una Chiesa o anche solo a dire messa in casa in Arabia Saudita; provate ad andare vestite (voi donne) senza velo in Iran; provate a essere copto in Egitto; provate ad essere un Rohingya in Birmania o una delle tante minoranze che compongono la Cina; provate ad essere Zulu in Sud Africa; provate a essere una Yazidi nei territori Isis o membro di una tribù cattolica dell’interno in Nigeria; provate a essere un Lotshampa in Bhutan. L’Africa poi (il Congo in particolare) è l’area dove i conflitti etnici sono diffusissimi.
2)Un altro luogo comune riguarda la pretesa di imporre il proprio modello, ma qui si rasenta il ridicolo: i paesi non Occidentali che hanno scelto il modello politico occidentale (la liberaldemocrazia) sono i paesi in cui si vive meglio.
Purtroppo spesso e volentieri da noi manca il coraggio di fare un passo in profondità perchè avvenga un reale confronto. E allora ci si limita a considerare solo la cucina come cultura. Di recente ho letto di incontri per far conoscere meglio italiani e algerini, intitolati “spaghetti e tajine”.  Come se la cultura algerina fossero i tajine e non tanti altri aspetti, riguardanti ad esempio il ruolo della donna, la gestione della democrazia, l’influenza dell’estremismo islamico. Avendo paura di dispiacere si sceglie il terreno più facile, quello culinario; ma questo nulla ha a che fare con la conoscenza reciproca.
Il nodo anche in questo campo è la mancanza di valori in cui identificarsi e una cultura del diverso che, pur legittima in astratto, finisce con il giustificare qualsiasi azione che diminuisce i diritti individuali.
Perchè il punto di contatto e di confronto non sono le abitudini alimentari, ma il rispetto e i diritti riconosciuti e garantiti agli individui.
3)Immancabile è il discorso sulle Crociate. Premesso che gli Arabi hanno diffuso l’islamismo cinque secoli prima e lo hanno fatto con la violenza, dal sec. XVII l’Occidente non fa più guerre di religione (e per 400 anni le ha fatte essenzialmente tra cristiani e cristiani). Diverso è il discorso ad esempio per il mondo musulmano, dove gruppi militari (di cui l’ISIS è solo la punta dell’iceberg) operano per annientare quelli che chiamano miscredenti (siano essi cristiani o induisti o altro). La jihad può forse voler dire anche “guerra interiore”, ma ne vediamo in continuazione gli effetti esteriori. Chi cita le Crociate oltre a non conoscerle (molte di esse videro scontrarsi i cristiani tra di loro) le cita senza avere una visione complessiva: la guerra tra Iran e Irak degli anni ’80 fu soprattutto una guerra tra musulmani sciiti e musulmani sunniti, guerra che prosegue ancora su scala ridotta, ma su un’area molto più estesa. Questo per il presente, mentre per il passato i comunisti hanno qualcosa da dire sulle minoranze (milioni di persone) religiose nell’Unione Sovietica? O la fine dei Tibetani buddisti ad opera della Cina di Mao?
4)La cultura islamica e la cultura orientale. Senza parlare del ruolo delle donne e delle libertà individuali non può esserci confronto. Ogni tanto qualcuno tira in ballo Avicenna e Averroè: mi pare un pò poco per quanto riguarda la cultura di una civiltà che ha quasi 1500 anni di storia. Certo ci furono architetti e ingegneri importanti, qualche poeta minore e poco considerato nella Umma (come Omar Khayam,grande matematico, Rumi, Nahfuz), nessun musicista: poesia e musica sono peccato per il Corano.
Dunque che senso ha parlare di cultura islamica, quando, per definizione, il Corano non solo è il libro sacro, ma il libro che tutto ha spiegato e tutto spiega? Esso basta e avanza. Come fa a svilupparsi una visione critica o una predisposizione individuale se tutto è già stato scritto e detto, per di più con la spada di Damocle sulla testa se osiamo interrogarci?
Ben diverso è il discorso relativo alla cultura orientale che, pur dominata spesso dalla religione (il Mahabarata indiano, Upanisad e Vedanta) o da rigide concezioni ( Lao Tze e il Tao, Confucio…) ha saputo sempre offrire un universo chiuso e aperto allo stesso tempo, quell’universo che oggi permette al Giappone, all’India e alla Cina di aprirsi verso la modernità, certo con forti contraddizioni, lentezza dei tempi, consuetudini difficili a morire, ma che mostrano una dinamica sempre più forte. Non si tratta solo di tecnologia ed economia, ma di riferimenti culturali più ampi che risulta ridicolo ridurre al curry, al sushi o ai biscotti della fortuna. Il Giappone è un paese liberaldemocratico, l’India è un paese liberaldemocratico in cui si combattono (anche se in modo non lineare) pratiche millennarie, in Cina il conflitto tra moderno e antico è in pieno svolgimento.
Quale paese musulmano si può considerare avviato su questa strada?
La Turchia che Ataturk a partire dal 1923 aveva reso un paese laico, sta facendo passi da gigante, ma all’indietro, l’Indonesia lo stesso, il Nord Africa e il Medio Oriente sono sotto gli occhi di tutti, il Pakistan vede confliggere sciiti e sunniti e musulmani contro cristiani. Anche laddove la liberaldemocrazia è riconosciuta a livello istituzionale le spinte contrastanti che vengono dalle moschee e dalla religione sono forti; e in generale la tendenza è verso la Sharia.
Il punto di discrimine è il ruolo della donna e se metà della popolazione è privata di parola, essa è privata di vita e dunque di dare il proprio contributo. Altro che quote rosa! Ecco laggiù in fondo si alza il bravo ideologo di sinistra che parla di cultura e costumi diversi da rispettare: ma qui non stiamo parlando di velo (che pur rappresenta generalmente un’imposizione); stiamo parlando di matrimoni imposti (anche a 13 anni), di taglio del clitoride e di  cucitura della vagina.
In Europa e in America il contributo di idee, di esperienza, di visioni da parte della donna va molto indietro nel tempo e ha riguardato tutte le discipline, ma soprattutto ha mostrato una continuità sicura che ha visto la presenza femminile crescere sempre di più. Donne di altre etnie e religioni hanno trovato nel mondo occidentale, grazie alla cultura occidentale, la possibilità non solo di esprimersi, ma soprattutto di essere valorizzate.
La società nella quale viviamo, illuminata dalla cultura occidentale, è l’unica in grado di garantire a ogni essere umano una vita, in cui dignità e responsabilità possono dare un senso alla nostra esistenza. Certo la responsabilità impegna la persona e da questa dipende  cosa rimarrà di ognuno di noi, al termine del nostro passaggio sulla terra. La cultura occidentale ci ha insegnato a rispettare le diverse attese e le diverse pretese: lo ha fatto perchè ha creato un contenitore capace di far sì che il desiderio di ognuno possa rappresentare un beneficio per tutti. Non ha senso disprezzare questo contenitore e questa cultura: i miglioramenti sono possibili e anzi necessari, ma perchè questo avvenga occorre che tutti possano dare il loro contributo. E questo avviene solo in quelle società che si riconoscono nella libertà e nella democrazia, espresse nello Stato di diritto: i Paesi governati da una democrazia erano nel 1960 il 39%, oggi sono il 53%.
Ottimismo.


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