FRAMMENTI DI UN DISCORSO DEI LUOGHI
COMUNI
LETTERA [ N ] - NATURA
Tra i luoghi comuni più diffusi in questa
nostra epoca si colloca ai primi posti NATURA.
Un tempo le cose erano chiare: quando
facevo il Liceo la Natura consisteva nella Flora e nella Fauna. Le riflessioni,
come quelle di Leopardi, sebbene più articolate, non vi si discostavano: per
lui la Natura era matrigna, completamente disinteressata alle sorti dell’umana
specie e fonte soprattutto di disastri per l’uomo. Nella Ginestra ricorda
l’eruzione del Vesuvio e la distruzione operata su fiorenti città come Pompei
ed Ercolano, mentre in un’Operetta Morale (Dialogo tra la Natura e un
Islandese) fa l’elenco dei disastri che, senza volerlo, così naturalmente, essa
ci procura: tempeste, terremoti, incendi e tante altre cose.
Noi e la Natura: separati.
Certo era il riflesso della visione
cartesiana, una visione dualistica, che contrapponeva il soggetto, l’Io (res
cogitans) all’oggetto, il mondo (res extensa): si trattava di una visione che
affondava le sue radici nel naturalismo aristotelico, avendo dunque avuto tempo
per radicarsi e consolidarsi.
Da qualche decennio a questa parte si è
capito che questo dissidio non esiste e che l’Io fa parte del mondo, nè più nè
meno di un albero. Questo ha portato a una visione più complessa e a una
conoscenza sempre più approfondita.
Ogni era di cambiamento ha sempre dato
vita a profeti di sventura che, invece di rimboccarsi le maniche perchè si
potesse approfittare di quel cambiamento e goderne, hanno preferito lanciare
anatemi e così sono aumentati i colpevoli e i lamenti, dando vita a un grande
esercito di professionisti del
risentimento.
Per alcuni il risentimento ha prodotto
modeste recriminazioni, mentre per altri si è tradotto in visioni
apocalittiche.
Dopo la caduta dell’Impero Romano si è
pensato all’anno 1000 come l’anno della fine del mondo, paura che si ripete a
ogni piè sospinto, assumendo forme di volta in volta coerenti con le novità:
chi non ricorda le preannunciate fini del mondo del 2000 e del 2012?
L’avvento delle macchine creò tanto
spavento che spinse i luddisti a distruggerle, il treno fu visto come Satana,
la bomba atomica avrebbe ben presto ucciso la popolazione mondiale trasformando
la terra in un deserto, l’AIDS era stata mandata da Dio per punire gli uomini
dei loro peccati. E così via.
Tutte queste fantastiche fantasie si sono
dimostrate vane e la vita ha ricominciato a fluire: le macchine hanno creato
occupazione, i treni comunicazione, l’energia atomica ha favorito il benessere,
i peccati sono rimasti ma l’AIDS è stato confinato.
Oggi la paura riprende con i robot, con
la Corea del Nord e l’Iran e di volta in volta con nuove pesti come l’aviaria, ebola
e tanto altro.
Ma la fine del mondo (dopo il 1000, il
2000 e la distruzione atomica) è oggi evocata soprattutto da una componente
significativa di ecologisti-ambientalisti, che da ormai mezzo secolo e in
misura crescente ci prospettano un futuro drammatico, in cui la sparizione
della razza umana e della vita nella Terra sono presentate come realistiche.
Si è così passati dalla natura contro l’uomo all’uomo contro la
natura.
I colpevoli sono sempre i soliti; si
comincia con gli Americani per passare al capitalismo (soprattutto finanziario)
e poi alle multinazionali: ecco coloro che si disinteressano del futuro
dell’umanità e del pianeta e che dobbiamo combattere. Ma, poichè una vera
alternativa all’economia di mercato, dopo il crollo del comunismo, non esiste,
allora si è dovuto allargare il campo all’essere umano, il singolo, colui che
quotidianamente agisce concretamente nel nostro pianeta.
Vade retro, Satana.
Guai a disperdere una goccia d’acqua,
guai a accendere il riscaldamento prima dei termini, guai a non spengere
completamente il computer.
Risultato: qualsiasi balla riesce a
filtrare la nota corazza umana, favorendo le dichiarazioni fantasiose dei
politici, degli economisti, degli studiosi interessati solo al proprio potere.
Il caso del riscaldamento globale è il
più significativo. Si è ristretta la visione dimenticandoci che la Terra ha
attraversato cicli di abbassamento e innalzamento della temperatura e che i
dati raccolti in modo ampio occupano uno spazio temporale abbastanza limitato.
Ma, comunque, dando per buona la fase ciclica che ci vedrebbe superriscaldati è
l’immediata accusa all’uomo di esserne la causa che lascia interdetti. Non
perchè non sia possibile, ma perchè è stato necessario nascondere molti studi e
giocare sul senso di colpa perchè questa verità facesse breccia. Le previsioni
si dimostrano sempre più esagerate, si evita di discutere di altre influenze
(il ruolo del sole ad esempio) mentre si dà il Nobel al signor Gore e all’IPCC
per quanto fatto. Gore è un politico e non interessa, ma interessa mettere in
evidenza che l’IPCC (emanazione dell’ONU) è stato oggetto di forti critiche
mentre una parte dei suoi componenti si è dissociata dalle conclusioni
presentate nel 2009.
Ciò che qui si vuol criticare è la trasformazione della Natura in un nuova
Dea, da venerare, fustigando l’uomo per le sue presunte colpe: non abbiamo
bisogno di nuovi comandamenti e di parole d’ordine che incitano al conflitto.
Abbiamo bisogno di studi seri e di smetterla con l’atteggiamento semplicistico
e ideologico che ha procurato danni ingenti alla vita tra gli uomini:
l’ecosistema è qualcosa di complesso e per fortuna sono migliaia gli studiosi
che lavorano per una vita migliore.
Soprattutto la fretta, sorella
dell’ideologia, va evitata, come ogni rivoluzione nella storia ha dimostrato.
La cultura è l’antidoto, l’unico
antidoto, come l’etimologia ci insegna: cultura (come coltura) è coltivazione,
semina, cure, ancora cure e attenzioni, fino allo sbocciare non immediato dei frutti.
E dunque sarebbe l’ora di tacere prima di
sostenere questa o quella tesi ripresa da un talk show o letta in una rivista
nella sala d’attesa del medico: fa tanto
fico, finalmente crediamo di avere un’idea e invece si tratta solo di
slogan, accettabili, forse, in una discussione al bar.
Torniamo alla Natura.
Quasi tutti la pensano come qualcosa di
incontaminato e puro, ripetizione del mito dell’Eden o dell’Età dell’Oro ancora
ricordata dal Tasso nell’Aminta, ma soprattutto alla base del disprezzo sociale
che ha origine in Rousseau: l’homme naît bon, mais c’est la Société qui le
déprave, l’uomo nasce (nascere, nato, natura) buono ma è la Società che lo
rende cattivo.
Ebbene, oltre alle riflessioni ancora attuali
di Leopardi, va detto che non esiste più una Natura pura e incontaminata e che
la flora e la fauna che incontriamo sono il frutto di modificazioni avvenute
nei millenni, per opera dell’uomo e di altri eventi. Il cotone quella soffice
pianta naturale è causa di desertificazione e diffusione di batteri, eppure per
noi è più naturale del poliestere. Non parliamo degli OGM, che soprattutto in
Italia sono diventati l’Omo Nero, la peste del XXI secolo, dimenticandoci che
quasi tutto quello che mangiamo (carnivori o vegani, musulmani o jainisti) è
frutto di trasformazioni genetiche avvenute in millenni.
E così la battaglia contro il petrolio,
nata (anni 70) contro le multinazionali (le Sette Sorelle) si è estesa in modo
apocalittico, dimenticando le enormi trasformazioni avvenute in questo settore:
si è arrivati così a sostenere l’immediata abolizione del suo uso, come se l’aspetto
economico si riducesse al profitto del capitalista (avete presenti gli schizzi
di Grosz?) e non fosse qualcosa che riguardasse la nostra casa. Eco-nomia, da
oikòs e nomos, la legge della casa.
Ancora una volta dobbiamo imparare dagli
americani, anche se non ci piace Trump: i primi Parchi naturali e protetti
furono creati proprio negli USA alla fine del XIX secolo (1872) e su
quell’esempio si sono convinti anche altri popoli, talvolta ben un secolo dopo.
Come per il petrolio assistiamo a
discussioni da bar riguardo la biodiversità, termine corretto se usato nella
sua complessità, ma troppo spesso ridotto a slogan. Un conto è combattere i
bracconieri, un altro è fare operazioni di tipo sovietico, dimenticando che
ogni giorno vengono scoperte nuove specie, sia della flora sia della fauna. Nei
Territori del Nord dell’Australia i coccodrilli in via di estinzione furono
protetti e ora sono talmente tanti che se ne favorisce la caccia; una cosa
simile è avvenuta da noi con i cinghiali. Gli esempi di queste improvvisazioni
sono tanti.
Il carattere complesso del nostro
ecosistema, dove complesso vuol dire interconnesso, ha fatto credere che la
scomparsa di una singola specie di pesci avrebbe fatto crollare l’intera catena
alimentare come se fosse un domino. L’uomo ha sempre saputo superare le diverse
crisi che ha dovuto affrontare, non ultimo l’inquinamento e ci è riuscito
perchè non ha mai fatto prevalere la paura, ma si è sempre impegnato per risolvere
seriamente le difficoltà che di volta in volta si presentavano.
Due i fattori vincenti.
La cultura, intesa come
coltivazione continua e inesauribile della conoscenza.
L’economia, intesa come
coscienza che ogni intervento umano rappresenta sia un costo sia
un’opportunità, per cui occorre una visione ampia nello spazio e nel tempo.
E’ in questi settori che dobbiamo
impegnarci, noi, i nostri figli e i nostri nipoti.
Gli slogan, superficiali, generici e
apocalittici, sono privi di prospettive e favoriscono soltanto i poteri forti
che li lanciano.
E’ importante favorire e sviluppare la
discussione: essa apre, mentre lo slogan chiude.
Purtroppo i nuovi eco-ambientalisti non
vogliono discutere, perché loro hanno la verità in tasca e dunque, come tutti
coloro che sanno come e dove andrà il mondo, considerano nemici quelli che non
la pensano come loro. A loro non importa che le grandi compagnie petrolifere
siano impegnate, con ingenti investimenti, nel settore dell’energia rinnovabile
e pulita. A loro non importa discutere il costo dell’energia solare che, se
diffusa, rappresenterebbe un immediato impoverimento della popolazione (oltre
che uno scempio del paesaggio). A loro non interessa sapere che gli OGM hanno
permesso sia di sfamare centinaia di milioni di persone sia di favorire
un’agricoltura più pulita. A loro non interessa sapere che la ricerca
bio-chimica unita all’informatica sta disegnando nuovi scenari per una vita
migliore e più sostenibile.
Loro sanno tutto. Sono la voce della
Natura (che non può parlare). Minacciano. Lanciano slogan semplici e ad
effetto. Spaventano. Gridano. Riempiono l’aria di chiacchiere. Sognano il Bene,
non fanno nulla per il Meglio. Dio (e l’attuale Papa) è con loro: come non
volere il Paradiso in Terra?
La storia ha mostrato ampiamente che chi
ha proposto il Paradiso in Terra ha poi realizzato il peggiore Inferno.
Gli errori e i problemi, come la morte,
fanno parte della vita. A nulla serve rimuoverli: occorre solo impegnarsi a
superarli.
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