Questo frammento mette in discussione la pretesa
superiorità dell’altruismo rispetto all’amor proprio, attarverso la sua
sostituzione con il termine malfamato di egoismo. Si vuole qui riconoscere,
attraverso riferimenti storici e culturali, che non può esserci altruismo e
solidarietà senza un forte amor proprio, cioè quella ricerca prioritaria di ciò
che ci favorisce e ci conviene maggiormente. La qualcosa non significa porsi
contro gli altri, in una parodia dittatoriale, perchè la crescita della persona
e della collettività è ed è stata possibile solo a partire dalla crescita del
ruolo dell’individuo.
Egò in greco, ego in latino, io in
italiano: un semplice e innocuo, molto comune pronome personale soggetto. Ma
nel corso dei secoli è stato trasformato in qualcosa di molto più importante e
molto pesante. A parte gli psicoanalisti che usano il termine "ego",
spesso il soggetto è sottinteso. Ciò che invece è diventata una parola sempre
più diffusa è il derivato EGOISMO. Come è potuto scomparire l'ego per lasciare
il posto all'egoismo?
In principio erano la comunità e gli dei.
Nella comunità eccellevano gli EROI, individui che si avvicinavano agli dei,
per coraggio, forza, dignità: per loro però erano importanti due cose, il
rispetto e gli onori della comunità e le decisioni degli dei. La loro
individualità trascendeva la loro persona: interpretavano i voleri del Fato e
il loro nome era legato alla gloria della comnità a cui appartenevano.
Poi… poi è venuto il Cristianesimo che ha
rimescolato le carte cambiando le regole del gioco. La prima cosa era che non
c'è più nessun dio da imitare perchè il Dio cristiano è tutto ciò che l'uomo
non è. La seconda è che l'uomo è dotato di libero arbitrio e dunque ogni
persona è responsabile delle proprie azioni. L'eroismo è soppiantato dal
martirio, la passione dalla compassione. Entriamo nell'era moderna.
In realtà la parola EGOISMO entra nella
lingua italiana solo nel 1700 (Bettinelli, Alfieri), ma ha alle spalle secoli
di preparazione. In latino la parola non esiste e il senso è espresso con
"amor sui" amore di se stesso. Possiamo tradurlo con "amor
proprio". I primi secoli del Cristianesimo non furono facili. Chi comprese
l'importanza della persona in modo fondamentale fu Sant'Agostino che non annullò mai l'individuo e dunque l'Ego, non annullò
l'Io in Dio: le sue Confessioni rimangono ancora oggi un modello di percorso
verso Dio. Lentamente, e per motivi storici che qui non si possono
approfondire, ebbe il sopravvento il pensiero di San Tommaso, più analitico e
naturalistico, che riportava, seguendo la filosofia di Aristotele, l'uomo
dentro la società: la persona, l’individuo esistono solo come esseri sociali.
Il libero arbitrio è un progresso per
l’umanità perchè obbliga gli uomini ad assumersi la responsabilità del loro
agire. Naturalmente all’inizio la nuova strada fu percorsa nel modo più
semplice possibile: l’uomo sceglie tra il Bene e il Male. In questo senso
Sant’Agostino fu un’eccezione e poi anche Petrarca. Il Bene e il Male: non è
molto difficile, o l’uno o l’altro. Quando poi nel 1700 l’Illuminismo sostituì
la religione cristiana con la religione della natura non fece che mantenere
l’impostazione cristiana: o il Bene o il Male, il Bene se si segue la Ragione,
il Male se ci si allontana. Anche l’Illuminismo è permeato di visione e
dimensione sociale e l’ego, l’individuo, la persona vengono espulsi come
antisociali. Ovviamente la condanna dell’ego riguarda tutti ma non i dirigenti:
l’Ego di Robespierre si affermerà nel Terrore e con lui tutti gli Illuminati.
E’ l’Illuminismo a codificare questa
espulsione del soggetto e a coniare il termine di EGOISMO. Certo l’egoismo
deriva dall’amor sui, ma questo era molto più soft, condannato sì, ma in fondo
il Cristianesimo offriva tante possibilità di fare del bene ai bisognosi
soprattutto dopo il Concilio di Trento. L’Illuminismo invece, coniando il nuovo
termine, trasforma in realtà quello che la vecchia società considerava in fondo
un peccato non proprio mortale, in fondo si trattava sempre di amore.
L’Illuminismo continua a essere
presentato come qualcosa di estremamente positivo perchè è il trionfo della
ragione, della luce. In parte è vero. E’ però vero che gran parte di quella
ragione ha prodotto mostri, perchè la ragione, isolata e assolutizzata, diventa
uno strumento di morte. Robespierre non era pazzo, ma sviluppava la ragione in
chiave moralistica: per cui chi era legato al Re e alla Chiesa doveva morire.
Stalin non era pazzo: la sua ragione mostrava -scientificamente- che, visto il
passato, razionalmente il futuro sarebbe stato comunista e dunque chi non
favoriva tutto ciò doveva morire. In nome della Storia. Hitler non era pazzo:
la sua ragione mostrava che in natura ci sono specie superiori che trionfano.
Chi non si riconosce va contro natura e deve morire.
Possiamo dire però che il pensiero che
dette origine a tutto ciò e continua ancora a fare danni è quello di Rousseau:
l’uomo nasce buono, ma è la società che lo rende cattivo. Così chiama amore di
sè stessi il sentimento che accomuna uomini e animali per la sopravvivenza,
naturale e positivo; negativo è invece l’amor proprio che contrappone
l’individuo alla società, “che ispira agli uomini tutti i mali”. E’ sempre il
solito discorso: l’uomo è un essere sociale e dunque l’ego, l’Io, l’amor
proprio devono essere subordinati alla collettività. Tutto il pensiero
socialista nasce da questo presupposto. La stessa Chiesa Cattolica oscillerà
tra il riconoscimento della persona e la sua collocazione sociale: non è in
gioco la dottrina sociale della Chiesa, ma sono in discussione le posizioni
estreme che, dalle teorie della liberazione che hanno visto molti preti lottare
con i terroristi comunisti in tutto il mondo, si ritrovano nel pontificato
attuale di Bergoglio.
L’amor proprio è invece una condizione
fondamentale ed essenziale per una buona crescita della società. Confonderlo
con il dominio sugli altri è non voler vedere nè le caratteristiche
psicologiche dell’essere umano nè l’evoluzione delle società in tutto il mondo.
L’uomo e il suo convivere con gli altri
non sono gli stessi di quando fece la sua comparsa: passando dal nomadismo
all’agricoltura alla società industriale e poi alla società dell’informazione
egli si è abituato a aiutare gli altri indistintamente, e non solo la propria
famiglia, la propria tribù, la propria religione, la propria nazione. Questo è
stato possibile sviluppando sempre di più autonomia e indipendenza, cioè
pensando in primo luogo a se stesso, al proprio benessere: è stata questa
ricerca del benessere individuale che ha portato i servi della gleba a
scegliere le città (l’aria della città rende liberi), a favorire la crescita
economica, i diritti individuali, la libertà. Tutto questo non è stato fatto
per il bene della comunità, ma per quell’amor proprio che, chiamandolo egoismo,
viene criminalizzato. Tutto l’opposto di chi ha invece operato per la
collettività, per il bene del popolo: i disastri e le stragi di tutti i regimi
collettivistici sono sotto gli occhi di tutti.
Questo non vuol dire che l’evoluzione
umana ha creato il paradiso in terra nè che sarà inarrestabile e infinito: vuol
dire semplicemente che le condizioni umane sono migliorate ovunque, quando e
dove si è scelto di seguire i propri interessi, materiali e spirituali. La vita
media è aumentata notevolmente dappertutto, frutto di miglior nutrimento, di
migliori condizioni igieniche e di enormi progressi in campo sanitario.
Come sempre ogni cambiamento pone nuovi
problemi e nuove sfide, ma ciò non può impedire di riconoscere ciò che è stato
realizzato.
Non è un caso che il Paese che vede il
maggior contributo individuale alla solidarietà (beneficienza e altro) è il
paese in cui il capitalismo e la libertà individuale sono maggiormente
riconosciuti e diffusi: gli Stati Uniti. Perchè la libertà di aiutare gli altri
è possibile solo dove tale libertà è garantita al massimo livello. Per questo
citare le mancanze dello Stato soccorritore (come nel caso dell’uragano
Katrina) significa nascondere il senso
individuale della solidarietà e creare un’altra sovrastruttura sociale,
quella dello Stato. D’altra parte tutti i grandi paesi hanno avuto problemi
nella gestione di disastri naturali (la Russia comunista, il Giappone,
l’Indonesia e anche la nostra Italia). A proposito dell’Italia i due maggiori
interventi riusciti sono stati dopo l’alluvione di Firenze e dopo il terremoto
del Friuli: entrambi hanno avuto successo grazie a una visione individualista
degli attori della rinascita, cosa che non si è verificata in occasione di
altri terremoti dove, avendo prevalso la logica sociale, i risultati sono
spesso ancora a distanza di decenni da vedere.
Non esiste un principio di solidarietà
eticamente superiore a un principio individualistico, perchè solo quest’ultimo
è in grado di favorire la collettività, attraverso la rete di cui fa parte. Una
delle persone socialmente peggiori che abbia mai incontrato, un Dirigente
Scolastico arrogante e prepotente, andava ogni mese in un Ospedale a fare opera
di carità: con una o due ore al mese si metteva l’animo in pace e poteva
fregiarsi del titolo di “persona solidale”.
Il punto non è fare o non fare del bene,
fare o non fare la carità, ma lasciare ad ogni individuo la libertà di
scegliere ed evitare di mettere su un piedistallo chi si mostra solidario.
Anche il medico che va in Africa una volta all’anno lo fa per amor proprio
(egoismo) sia che il suo obbiettivo sia di fare un’opera buona sia che gli
serva per aumentare il numero dei clienti in patria. D’altra parte è proprio la
storia dell’Africa a smentire questa pretesa superiorità della solidarietà,
come riconosciuto dagli stessi patrocinatori a distanza di anni: i paesi
sviluppati hanno regalato miliardi di dollari ai paesi africani che non sono
serviti allo sviluppo perchè finiti nelle mani di poche persone (governanti,
militari, maschi dei campi profughi o delle tribù). I paesi africani che sono
cresciuti sono quelli che hanno intrapreso una strada diversa che ha favorito la libertà individuale, di
impresa e di proprietà: è recente il caso del Rwanda, proprio quel Rwanda del
massacro degli anni Novanta).
Come diceva Fromm, la modernità fracassa
non per essere troppo egoista, ma al contrario perchè non si ama noi stessi
abbastanza.
F. SAVATER: Etica come amor proprio
(traduzione mia)
“Noi amiamo gli altri perchè non amiamo noi stessi abbastanza bene,
perchè non osiamo o non sappiamo amarci completamente; non perchè ci amiamo
troppo.
L’amor proprio umano è sociale, corporeo e riflessivo.
L’uomo, ogni uomo ama se stesso:ama se stesso perchè ognuno è la
condizione di possibilità imprescindibile di tutto il resto. Se non amassimo
noi stessi non potremmo amare nessuna altra cosa, poichè tutto ci arriva
attraverso noi stessi; per amare ogni altra cosa l’amore per noi stessi è il
requisito necessario della cosa amata. Quando amo mi amo;quando mi amo, sento
le basi per poter amare gli altri. Amo ciò che mi va bene, cioè, ciò che mi
conviene con me, ciò che è compatibile con me e contribuisce a consolidarmi;
odio ciò che mi esclude, che mi contraria, che mi annulla. Quando amo qualcosa,
la amo perchè mi amo.
Non esiste alcuna opposizione tra individuo e società: l’individuo non
compare nè al margine della società nè tanto meno contro di essa, ma come il
suo più fine e avanzato prodotto. Solo l’individuo autonomo può essere
veramente solidario, perchè solo lui può scegliere tra esserlo e non esserlo.
Non esiste una essenza storica trascendente -nazione, popolo o classe- che esalti
il proprio diritto a imporre sacrifici.”
Curiosità:
Su Google-immagini il 90% è riferito all’egoismo come cattiveria e anche la voce ego ha la maggioranza di immagini
negative.
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